Fratelli: quando abbiamo iniziato a stare male

Nel periodo in cui noi abbiamo iniziato a stare male anche il rapporto con i nostri fratelli è generalmente cambiato. Bene o male tutti noi abbiamo avuto la fortuna di sentire che i nostri fratelli ci erano vicini e che erano dispiaciuti nel vederci stare male, soffrivano anche loro con noi e come noi ma la nostra sensazione è che provassero un senso di smarrimento.

Sentivamo che erano vicini a noi e che ci volevano bene ma in molti casi era come se non ci riconoscessero più, come se d’un tratto fossimo diventati degli estranei e non sapessero cosa fare o dire per aiutarci. Alcuni di noi ricordano che in quel periodo in cui loro si chiudevano in se stessi, i fratelli li spronavano, ma non era un modo davvero efficace, anzi! I ruoli cambiano, in famiglia le dinamiche vengono scombussolate e magari da figlio maggiore che prima era da esempio per il minore, si diventa quello meno abile e più bisognoso di aiuto. E’ successo anche che sia  nata o sia aumentata la rivalità nei loro confronti perché la sensazione che noi sentivamo era di essere bloccati e sofferenti mentre gli altri avevano più fortuna, più possibilità di essere felici e realizzati.

E’ altrettanto vero però che, in momenti diversi della nostra storia, i nostri fratelli sono stati un’importante spalla, qualcuno che ci stava vicino, senza chiederci troppo perché che ci capivano, o anche se non ci capivano semplicemente perché ci volevano bene.

Insomma, l’inizio della malattia è estremamente complesso perché già per noi è spesso difficile capire noi stessi, spiegarlo agli altri è un’impresa quasi impensabile, figuriamoci per i nostri fratelli quanto sia difficile capirci! Ma, ripetiamo ma, nel momento in cui i nostri fratelli hanno iniziato a capire meglio cosa ci stava succedendo le cose hanno iniziato ad andare meglio.

Ecco quindi che abbiamo individuato un decalogo di “istruzioni per l’uso” e di elementi per noi importanti ad uso e consumo dei fratelli (nostri e non solo) per trovare un modo valido e utile per capirci e per starci vicino.

Cosa fare:

  1. Attivarsi da subito per chiedere aiuto quando vediamo che nostro fratello/sorella non sta bene (chiedere al medico di base, al CSM…)
  2. Mantenere la possibilità di vedersi e/o di sentirsi per essere aggiornati su di noi: come stiamo, cosa facciamo, quali sono i nostri progetti individualizzati e come proseguono
  3. Avere un dialogo e un confronto aperto con gli esperti: avere informazioni sui farmaci, su come funziona il nostro percorso riabilitativo, avere consigli utili per rapportarsi con noi
  4. A volte è necessario e utile mantenere le distanze e quindi frequentarsi meno
  5. Starci vicino, dedicarci del tempo, condividere con noi il più possibile
  6. Partecipare ai gruppi dei fratelli che tiene il dr. Miola per avere più informazioni sul proprio fratello ma anche per capire meglio come funzionano i percorsi riabilitativi ascoltando l’esperienza degli altri
  7. Partecipare agli incontri di psicoeducazione o agli incontri di terapia familiare
  8. Sapere che i nostri fratelli partecipano ai gruppi ci fa piacere, ci fa sentire importanti
  9. Coinvolgerci nelle vostre cose, nei vostri problemi quotidiani, nelle scelte che dovete fare così che possiamo anche noi reciprocare, fare qualcosa per voi

Cosa non fare:

  1. Non comandarmi, non fare “il capetto”, non decidere tu per me
  2. Non stigmatizzarmi, non vedermi e non considerarmi sempre e solo una persona malata
  3. Non sostituirti a me, non fare tu al posto mio, semmai facciamo insieme o aiutami a fare da solo

FRATELLI – un legame di sangue

Quello con i nostri fratelli e sorelle è un legame importante, un legame di sangue. In comunità incontriamo altre persone che condividono con noi la vita quotidiana e gli spazi comuni ma non si riesce a costruire un rapporto forte e intimo come quello con i fratelli. In gruppo abbiamo provato a raccontarci le reciproche storie ed è stato interessante il quadro che ne è uscito.

Prima di stare male

Mettendo insieme tutte le nostre diverse esperienze, abbiamo condiviso che, soprattutto quando eravamo piccoli, i nostri fratelli erano persone con cui trascorrevamo tanto tempo, si giocava insieme, si condividevano tutti gli aspetti della vita quotidiana, abitudini comprese.

In certi momenti tra fratelli ci si sentiva uniti, si faceva un fronte comune rispetto ai genitori e alle loro regole. Talvolta la differenza di età comportava la creazione di dinamiche e giochi particolari come per esempio fare da mamma al fratellino più piccolo, o magari chi era il piccolo di casa guardava cosa faceva e come agiva il maggiore, come ad un modello, una guida per le sue future battaglie ed esperienze di crescita.

Ovviamente tra fratelli abbiamo avuto anche l’occasione di sperimentare rivalità e gelosie, abbiamo litigato e ci siamo azzuffati ma erano nella maggior parte dei casi eventi passeggeri e poi si faceva la pace e ci sentivamo ancora più uniti di prima.

 

Storia di un giovane ragazzo: ovvero come lanciare i dadi e inventare una storia (Parte II)

Provate a scrovere una storia con le seguenti parole: BASTONE; TARTARUGA; PESCE; ALBERO; MONDO; PONTE; FIAMMA; VIGNETTA; STELLA CADENTE.

Io ci ho provato e questo è il mio risultato, buona lettura!

Un giovane ragazzo un bel giorno d’estate, in una notte piena di stelle cadenti, con un cielo limpido e stellato andò dai suoi genitori che se ne stavano su un prato verde e infinito, li salutò levandosi il cappello e disse addio al suo vecchio nonno appoggiato al suo bastone davanti al fuoco; quella notte il giovane ragazzo se ne sarebbe partito e forse non sarebbe mai più ritornato. E fu così che andò, quella notte, il ragazzo, il cui nome era Geremia, attraversò il ponte che portava a casa sua e se ne andò nella notte; partì per vedere il mondo, studiare e conoscere i pesci esotici più strani, le tartarughe e anche gli alberi. Girò il mondo intero per circa trent’anni  imbarcandosi sulle navi, o spostandosi a cavallo; e scoprì che neanche il cielo era uno solo.

 

Jack

Le cose che non sopporto

Dirsi cosa non sopportiamo è importante come dire che cosa ci piace. Questo è il mio allenamento di oggi: buona lettura!

Le cose che non sopporto sono varie e per il momento ne descrivo 8.

  • Non sopporto le melanzane perchè non mi piace il gusto che è molto forte.
  • Non sopporto i carciofi perchè sono molto amari.
  • Non sopporto le persone maleducate perchè mi mancano di rispetto.
  • Non sopporto gli uomini che mi stringono e che mi abbracciano forte quando mi vogliono salutare  perchè mi sento oppressa e mi spaventa.
  • Non sopporto le persone che mi prendono in giro e che mi deridono perchè mi sento offesa.
  • Non sopporto camminare a lungo perchè sudo molto e mi stanco.
  • Non sopporto le persone che sono razziste perchè sono maleducate e si comportano male con le persone diverse da loro.
  • Non sopporto le persone arroganti perchè mi mettono a disagio e mi spaventano….

…e tu? cosa non sopporti?

M.

La storia di Paolo: ovvero come lanciare i dadi e inventare una storia

“Prova a scrivere una storia con le seguenti parole: torre, calamita, stella cometa, pesce, freccia”.

Questo è quello che mi ha detto l’educatrice stamattina durante l’attività ed ho voluto giocare con la mia creatività.

Ecco cosa ne è uscito fuori…buona lettura!

 

Il desiderio di Paolo

Paolo era un ragazzo sempre allegro, magro e minuto con una faccia sempre felice  che abitava in una torre a ridosso del mare. Viveva da solo Paolo e il suo tempo lo passava davanti a un pallottoliere dove nei giorni di mareggiata, con l’aiuto di un dado, contava quanti fulmini si abbattevano sul mare. Guardava spesso quell’immensa distesa d’acqua e una bella sera in una notte tersa senza una nuvola assistette a una cosa molto strana, il passaggio di una stella cometa che si abbatté come una freccia sulla profondità del mare. Impaurito ma curioso aveva come l’impressione che una strana forza lo attirasse, come una calamita negli abissi dell’oceano e così decise di scendere dalla torre e pian piano avvicinarsi alle onde per poi immergersi dove il fulmine si era scagliato.Nuotò per ore ed ore e alla fine stanco e infreddolito si riposo sulla spiaggia. Dormi profondamente e il giorno dopo al risveglio non si trovo più le gambe e le braccia ma strani arti mollicci ne avevano preso posto. Era diventato un pesce, un pesce tutto colorato dalla bocca grande e dal peso enorme.

L.

 

Social Network: che uso ne facciamo?

Due mesi fa un mio amico mi ha aiutato ad istallare Facebook. Diciamo che non sento molto la necessità di comunicare tramite i social. Era più la curiosità, anche se devo essere onesto, è un buon portale per i disegni che faccio.

Forse, escludendo l’uso di Facebook, il modo che adotto per relazionarmi e per comunicare è discutere le mie esperienze scambiando emozioni e stati d’animo.

Penso che le relazioni con Facebook lascino il tempo che trovano: sono fredde e rischiano di aumentare le distanze tra le persone.

L.

POESIA- PREGHIERA PER LA SERENITA’

Ci sono cose che non posso cambiare e piango spesso perchè mi piacerebbe tornare a vivere con i miei ma purtroppo i miei fratelli, lo psichiatra, lo psicologo e la T… non la pensano così. Per ora devo cambiare le cose che posso anche se ho molte restrizioni tipo chiamare a casa solo due volte a settimana e vedere i miei genitori solo con la terapia familiare.

Spero di riacquistare un po’ di serenità e di cambiare la visione che ho delle cose, della vita e di me stessa in mezzo ad un gruppo di persone.

M.

 

Per ricordarci che cambiare marcia  è possibile

Tirocinio di Chiara

Chiara inizierà a breve un’esperienza di volontariato in una struttura educativa del territorio, l’abbiamo intervistata!

-Ciao Chiara

-Salve

-Ho saputo che qualche settimana fa sei andata a Cadoneghe a conoscere la struttura dove andrai a fare volontariato. Di cosa si tratta?

-E’ una villetta dove alcuni ragazzi fanno alcune attività, fanno l’orto, dentro c’è una stanza-ufficio dove gli operatori fanno i colloqui. Altre stanze sono quella di informatica, alcune hanno i banchi dove i ragazzi studiano e fanno i compiti. C’è la scala all’ingresso da tenere in ordine.

-Da chi è gestita?

-Dal personale, c’è una signora che si chiama Giovanna, che mi affianca. C’è l’Assistente Sociale di Cadoneghe, Marco Venturini, c’è Laura e altre persone.

-Tu cosa farei?

-Mi occuperò dii pulizie di stanze, bagni, cucina.

-C’è anche il giardino?

-Si, tirerò su e cartacce e pulirò i cestini. Poi aiuterò nella pulizia dei vetri. C’è la macchina lavasciuga per i pavimenti. Poi c’è il mocio. Dovrò memorizzare quali prodotti usare e per quali superfici (quelli per i pavimenti, quelli per i sanitari, per gli specchi ecc…)

-Sei preoccupata?

-Più che preoccupata penso a come riuscirò a gestire le difficoltà del momento. Cercherò di farcela. Ce la devo fare. Penso a come gestirò la mia vita quando avrò questo impegno.

-Quante volte andrai?

-Per iniziare andrò il Martedì e il Venerdì dalle 14:30 alle 16:30

-Sarai da sola?

-No, al mio fianco c’è un’operatrice: Giovanna, che mi affiancherà. Mi darà indicazioni sulle mansioni da svolgere di giorno in giorno. Mi ha già detto che quello che farò il Martedì non dovrò riprenderlo il Venerdì. Più avanti si comincerà ad aggiungere la mattina per 3, 4 ore.

– Intanto quindi si tratta dio volontariato?

-Si per il momento si. Inizio ad Aprile. Mi piacerebbe essere assunta da loro per tutti i giorni se tutto andrà bene.

-E’ vicino casa tua?

– Si volendo posso andarci anche a piedi.

-Il fatto di andare in un posto dove ci sono adolescenti ti mette in difficoltà?

-No mi fanno tenerezza. Io farò il mio, loro faranno le loro cose. Basta inquadrarli e capire subito come comportarsi.

-Caspita! Rapportarsi con gli adolescenti non è facile! A volte sono un po’ furbetti!

-Bhè, è la loro età, c’è chi si comporta in un modo, chi in un altro.

-Grazie Chiara, vuoi aggiungere qualcosa?

– Grazie a tutto ciò che ho attraversato qui in Meridiana in tutti questi anni sia da residente che da diurna. Non avrei mai pensato di riuscire a raggiungere questo traguardo. Il mio percorso è andato a buon fine. Alla fine sto raggiungendo l’obiettivo che desideravo da anni. Cioè avere un impegno di lavoro vicino a casa fuori dalla Comunità. Un impegno che mi occupa la giornata in modo che possa sentirmi realizzata in un contesto in un ruolo nuovi che non ho mai conosciuto.

Concludo scrivendo per la prima volta su questo giornalino, che tutto ciò che ho scritto è proprio vero. Detto questo mi auguro che la mia vita d’ora in poi comincerà ad essere molto stabile, gioiosa e molto dolce.

-Auguri Chiara, e tanti In Bocca al Lupo!

Ricordando fuoridifesta17…aspettando fuoridifesta18

Con questo post vorremmo ricordare l’evento di Fuori di Festa 17 e di tutti gli amici che ci hanno aiutato ad organizzare la festa della nostra comunità: i Bersaglieri, simpatici ed eleganti, le ragazze della Zumba, esuberanti e allegre, le emozioni rockettare del gruppo “Pazienza” in cui hanno suonato Carlo, Filippo, Francesco e Federica…dopo l’edizione del 2016 quest’anno FUORI DI FESTA diventa maggiorenne! Per la nostra 18° edizione vi accoglieremo con i nostri famosi aperitivi, la bancarella artigianale, la consueta e squisita grigliata degli amici Alpini e …tanta musica e voglia di divertirsi!  Aspettiamo anche le vostre foto per il 2° concorso fotografico Fuori lo Scatto il cui tema sarà “Realtà e Immaginazione”. Vi aspettiamo!!!!